Angela Nurra
La scorsa volta vi avevo salutato col dirvi che vi avrei parlato del modello GROW.
Ed eccomi qua ad accompagnarvi, ancora una volta, in un nuovo viaggio nell’esplorazione della mediazione vista con gli occhi di un coach.
Come vi avevo anticipato, il modello GROW, ideato dal padre fondatore del Coaching, John Withmore, è uno dei più noti modelli di riferimento nella conduzione delle sessioni di coaching.
Il Coach porta il cliente, chiamato coachee, dallo stato attuale a quello desiderato, stimolando la riflessione, ispirandolo a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale. Il coaching rinforza il potere personale, sostiene la volontà ad agire ad impegnarsi a trovare le strategie più adeguate con la fiducia di potercela fare. Il Coach crea un ponte che indica la strada da percorrere tra il presente e il futuro desiderato. Questo percorso si traduce in azioni tramite le quali si va ad ottenere quanto deciso.
Così il mediatore, crea un ponte tra le posizioni iniziali di due parti in lite verso la posizione finale di raggiungimento di un accordo. Cercherà di ristabilire la comunicazione interrotta per varie cause, di creare o ricreare un clima di serenità e fiducia reciproca utile a far lavorare fianco a fianco le parti contrapposte, alla ricerca di una soluzione negoziale che sia la più soddisfacente per entrambe. Il ponte rappresenta una presenza discreta che rende possibile a tutti di proseguire verso l’obiettivo.
Il termine G.R.O.W. che in inglese significa crescita, è utilizzato in questo caso come acronimo, ciascuna lettera, nel preciso ordine dato, rappresenta una fase ben definita del processo di coaching. Vediamo quindi come ciascuna delle fasi possa trovare applicazione anche nel percorso di mediazione, partendo dall’individuazione dell’obiettivo.
G sta per Goal – Obiettivo – risultato desiderato
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. (Seneca)
Se non si sa dove andare non si va da nessuna parte. Bisogna stabilire con chiarezza dove si vuole arrivare e ciò che si vuole ottenere.
Il coach, prima di tutto, favorisce la focalizzazione di un obiettivo, la definizione dei confini entro i quali muoversi in modo specifico e chiaro. È compito del coach aiutare il cliente a capire di che cosa ha realmente bisogno e che cosa potrebbe essergli utile, con la totale fiducia che abbia le risposte e le risorse necessarie. Le redini sono sempre in mano al cliente che decide in modo autonomo su che cosa lavorare e in che modo preferisce farlo.
Così il mediatore, come prima cosa deve capire qual è l’obiettivo desiderato dalle parti che hanno attivato un procedimento di mediazione, non si sofferma sulla posizione giuridica che è circostanziata, essendo cristallizzata dalla norma che la riconosce in capo ad un certo soggetto, ma punta l’attenzione sugli interessi che stanno sotto quella posizione. Interessi ampi, molteplici e variegati.
Nella mediazione orientata agli interessi, le parti in conflitto sono invitate a lavorare insieme verso la ricerca di una soluzione condivisa, che miri al soddisfacimento degli interessi sottesi alle loro posizioni. Soluzione che dovrà essere scelta tra tutte le possibili opzioni che le parti stesse sono state capaci di creare e che le vedrà entrambe d’accordo. L’unica, tra tutte, che soddisferà maggiormente i loro reciproci interessi.
Definire l’obiettivo non è sufficiente, è necessario che risponda anche a 5 criteri per aumentare la probabilità di successo del suo raggiungimento.
I cinque requisiti dell’obiettivo sono sintetizzati nel metodo S.M.A.R.T.:
S come Specifico: l’obiettivo deve essere definito in modo chiaro e determinato.
M come Misurabile: può essere monitorato e misurato.
A come Ambizioso: deve essere motivante ed importante per il cliente.
R come Realistico: deve essere realizzabile e alla portata del cliente.
T come “Temporizzato”: deve essere definito nel tempo e scritto.
Definendo obiettivi sfidanti e al contempo specifici, misurabili e raggiungibili in un arco temporale realistico, il modello GROW favorisce fiducia e auto-motivazione, conducendo ad una maggiore produttività e soddisfazione personale.
Dopo aver delineato l’obiettivo è necessario raccogliere informazioni sulla realtà, ovvero sulla situazione presente.
R come Realtà – situazione attuale
Nel coaching si tratta di individuare, in modo attento e specifico, le caratteristiche della situazione di partenza, così da sostenere il cliente nello sviluppo della consapevolezza necessaria per intraprendere il cammino verso l’obiettivo prefissato.
In mediazione, la fase di esplorazione della realtà rappresenta un momento importante, costituendo la chiave di volta per il passaggio a quella tendenzialmente successiva, ovvero della generazione di opzioni creative per il raggiungimento di una soluzione condivisa del conflitto. La fase di esplorazione, infatti, è diretta a raccogliere e condividere informazioni con l’altra parte.
In questa fase il mediatore invita ciascuno a riflettere sul punto di vista dell’altro, tenta di far capire chiaramente a ciascuno di loro che cosa sta cercando l’altro e di che cosa ha bisogno e a tal proposito li invita a pensare a:
– quello di cui avrebbe bisogno dall’altra parte per poter essere d’accordo con la sua posizione;
– quello che potrebbe offrire all’altra parte per farle accettare la propria posizione.
Questa riflessione ha lo scopo di portare entrambe le parti a mettersi l’una nei panni dell’altra di modo che:
– non possano ignorare gli aspetti legittimi della posizione dell’altra;
– capiscano il punto di vista dell’altra entrando in dissonanza con i loro precedenti schemi di ragionamento.
Lo scopo, nella gestione delle trattative, è quello di raggiungere un accordo integrato, tale cioè da incorporare le esigenze e gli interessi di entrambe le parti. In questo senso il mediatore indirizza le parti sulle aree dove è possibile un accordo, senza decidere, tuttavia, al loro posto.
O sta per Opzioni, Opportunità, Ostacoli
È questa la fase dedicata alla c.d. tempesta dei cervelli (brainstorming) in cui le parti e i loro avvocati sono incoraggiati e supportati dal mediatore a immaginare, sulla base dell’esplorazione degli interessi sino a quel momento svolta, possibili opzioni di soluzione della controversia.
Ampliare il numero delle opzioni e delle alternative di scelta consente di valutare vantaggi e punti di debolezza di ciascuna soluzione proposta, facilitando così la presa di decisione che verosimilmente coinciderà con la soluzione che raggiunge l’obiettivo concordato, soddisfacendo al meglio i bisogni di entrambe le parti.
Come già precisato né il coach né il mediatore offrono soluzioni già pronte. Entrambi mettono i rispettivi clienti nella condizione di focalizzarsi su ciò che è sotto il loro diretto controllo: ciò che realizzano, di fase in fase, è sempre creato, voluto da loro.
Anche nella valutazione delle opzioni solutorie, è essenziale l’utilizzo di criteri oggettivi che permettano di scegliere quali tra tutte siano le più realistiche, fattibili, eseguibili, capaci di garantire una soluzione del conflitto di lunga durata.
È in tale fase che il mediatore gioca un ruolo determinante nel cercare di superare conversazioni difficili tra le parti e situazioni di stallo mediante la comunicazione empatica sorretta da domande potenti e dall’ascolto attivo.
La W sta per Will – la Volontà di realizzare l’obiettivo
Una volta valutate le opzioni e gli eventuali vincoli esterni, il coach verifica la reale intenzione e volontà del coachee di realizzare il suo obiettivo e lo aiuta ad identificare le azioni da intraprendere per raggiungerlo. È la fase di stesura del piano d’azione.
Qui il coach utilizza domande che consentono di dettagliare il piano. Rispetto alle fasi precedenti, le domande non hanno più come scopo l’analisi della situazione, quanto il definire un percorso di azioni concreto e specifico per raggiungere il risultato desiderato.
Quanto più chiaro e dettagliato sarà il piano d’azione, tanto più il coachee inizierà a “fare” in modo efficiente.
In mediazione, la fase conclusiva è la stesura dell’accordo.
Una volta che le parti, anche grazie all’intervento del mediatore, hanno manifestato il proprio consenso per una determinata ipotesi di soluzione della controversia, sarà necessario tradurre per iscritto il contenuto dell’accordo.
In questa fase il ruolo primario è svolto dagli avvocati che assistono le parti in conflitto. Saranno loro, appunto, a redigere quell’accordo che raccolga la soluzione condivisa di reciproca soddisfazione degli interessi delle parti.
Il contenuto dell’accordo può anche completamente prescindere dalle iniziali richieste delle parti e dalla esclusiva regolamentazione della controversia. Con la mediazione, infatti, a differenza di quanto accade in sede di risoluzione giudiziaria o di arbitrato, le parti possono porre fine alla lite dando al soddisfacimento dei relativi interessi un nuovo e più ampio assetto, che potrà andare oltre il perimetro dall’originario rapporto conflittuale.
È la crescita (GROW), nel senso più ampio del termine, il comune denominatore di entrambi i percorsi. Lo spirito trainante delle domande potenti, ci guida nelle 4 fasi nell’esplorazione dei nostri veri interessi, alla scoperta di abilità, di talenti sino a quel momento inespressi perché non ascoltati, e grazie ai quali ci riappropriamo della nostra capacità di affrontare e realizzare il nostro futuro. L’Obiettivo viene raggiunto quando riusciamo ad ampliare la nostra sfera di possibilità e capire che c’è sempre un modo diverso di vedere le cose.