Corinne Isoni
Quando pensiamo a una negoziazione ci viene spontaneo e quasi automatico, pensare a cosa andremo a discutere, cosa dirà la nostra controparte o come noi risponderemo alle affermazioni dell’altra parte.
In realtà la negoziazione avviene sempre a due livelli. Il primo è quello del “cosa”, dunque, gli argomenti di discussione in una negoziazione.
Il secondo livello, molto spesso dimenticato o trascurato, è quello del “come”, ovvero, il livello della negoziazione che ha a che fare con le dinamiche tra le parti e il modo in cui esse interagiscono al tavolo negoziale. Queste dinamiche vengono spesso dette “dinamiche sotterranee”.
Il secondo livello di negoziazione, del “come”, è basato, per lo più, su i non detti, su tattiche o sui modi di dire. Da qua il nome di “negoziazione ombra”.
Si tratta spesso, di dinamiche che si instaurano, all’inizio del meeting o della riunione e, alcune volte, addirittura prima di sederci al tavolo delle trattative.
Perchè è importante stare attenti anche a questo livello di negoziazione?
Perché, nel mondo della negoziazione, chi controlla il “come” controlla il “cosa”. E questo significa che chi controlla il livello delle dinamiche influenza, inevitabilmente, l’intera negoziazione.
È questo il motivo per cui è estremamente importante individuare chi controlla il come (se non siamo noi a farlo), e riposizionare la negoziazione, prendendo noi lo scettro del controllo del come.
La maggior parte delle persone, davanti a una controparte aggressiva o prepotente, reagisce in due modi: con il blocco o con l’attacco. Dunque, c’è chi si da alla fuga e cede, oppure c’è chi diventa aggressivo a sua volta. Queste due opzioni non fanno altro che confermare che chi controlla il “come” è la mia controparte.
Se riesco, invece, a portare il tono sulla neutralità, riposiziono la negoziazione e, a questo punto, a controllare il come sarò io e non più la mia controparte.
Come dicevo all’inizio dell’articolo, succede spesso che le dinamiche c.d. sotterranee si instaurino all’inizio dei meeting e delle negoziazioni. Accade che le nostre controparti utilizzino delle battute o delle frasi che, pur non essendo fatte con un tono fuori luogo, sono al limite e hanno lo scopo di metterci in difficoltà. In altre parole, hanno un effetto delegittimante nei confronti delle parti sedute al tavolo.
Detto in altri termini, sono delle tattiche che mirano a metterci in una posizione di inferiorità.
Si tratta di tentativi e frasi che se non gestiti, e lasciati nell’aria, condizionano inevitabilmente la negoziazione facendoci apparire in uno stato di inferiorità.
Per evitare tutto ciò, bisogna stare molto attenti alle tempistiche reagendo immediatamente.
So che ora ti starai chiedendo: ok, ho capito che devo reagire, ma cosa devo fare?
Abbiamo detto che chi attacca si aspetta da noi due cose: il contrattacco o il blocco (il silenzio, in questo caso).
Allora, noi non contrattacchiamo e non ci blocchiamo ma, reagiamo con delle contromosse.
Vediamole insieme:
Naming: diamo un nome alla mosse che la nostra controparte sta usando. Con questa contromossa facciamo capire che riconosciamo ciò che sta succedendo e che abbiamo, chiaramente, identificato a quale gioco la nostra controparte sta giocando. Esempio: Ansioso? Mi stupisce che tu dica questo!!”
Questioning: rispediamo la palla al mittente, mettendo in discussione ciò che sta dicendo. Esempio: “Ansioso? Non sono certo di aver capito cosa intendi!!”
Reframing: sostituiamo con una diversa motivazione quella sottintesa, neutralizzando la mossa. Esempio: “Ansioso? Non sono ansioso, difendo ciò che intendo dire!!”
Diverting: riportiamo l’attenzione sul problema, consentendoci di riprendere il controllo del processo. Esempio: “Ansioso? Lasciamo perdere me e concentriamoci sul motivo per cui siamo qui!!”
Interrompere con una breve pausa. Non dimenticare che il silenzio è un arma potentissima, che può essere utilizzata come spada o come scudo.
A me è capitato più volte, nel mio ruolo di mediatrice, di dover riprendere il controllo del come. Non sono certa che le frasi dette siano state utilizzate con l’intento specifico di delegittimarmi ma, avendo il dubbio, ho deciso comunque di reagire evitando di lasciarle nell’aria.
Una volta, appena entrati nella stanza della mediazione, una persona esclama “Bel vestito!”. Poteva essere inteso come un bel complimento, ma detto in quel frangente (ci trovavamo dentro quella stanza per una negoziazione veramente importante) mi ha portato a reagire.
E la mia contromossa è stata di diverting, rispondendo in questo modo: “non sono sicura della rilevanza di questo commento, in questa riunione, soprattutto se andiamo a vedere l’argomento per cui siamo qua oggi a discutere!”
Con questa mossa, ho ripreso lo scettro del controllo.
E se invece fossimo noi, anche inavvertitamente, ad utilizzare queste frasi e queste battute per far sentire in un piano di inferiorità la nostra controparte?
Il mio consiglio è quello di scusarsi immediatamente se lo abbiamo fatto in modo inconsapevole.
Perchè le persone dimenticano cosa hai detto o fatto, ma non dimenticano mai chi li ha fatti sentire idioti!
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