Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare

Silvia C.

Ogni mediazione familiare è diversa dall’altra, e anche quella tra M e M ha degli elementi di unicità che la rende un percorso unico nel suo genere. 

Con questa coppia infatti si è fatto un pò il percorso al contrario; generalmente l’esito di una mediazione è un accordo tra le parti, invece con loro l’accordo di mediazione è stato quasi il punto di partenza.

E’ arrivato quasi subito. 

Un pò per via del procedimento di separazione che, gioco forza, ha dettato i tempi e un po’ perché a volte bisogna proprio farlo il passo più lungo della gamba, bisogna proprio gettare il cuore oltre l’ostacolo, rischio la paralisi totale. 

Dunque grazie anche ad un notevole lavoro di squadra con gli avvocati, l’accordo è presto delineato, il procedimento è finalmente chiuso e gli avvocati liberati. Ottimo. Tutto finito dunque? Tutti felici e contenti? 

Non ancora!

Perché un accordo è ben più di un pezzo di carta da depositare sottoscritto, ma è il faticoso frutto di un lavoro di ascolto, incontro, compromesso, limatura. 

E questo lavoro prima o dopo va necessariamente fatto. 

Farlo dopo aver già definito delle regole risulta ancor più difficile, perché in un certo senso manca la motivazione della meta da raggiungere. 

L’accordo del resto c’è già, perché faticare? 

La mediazione familiare è dunque un percorso di adattamento e faticosa assimilazione delle regole fin da subito prese e anche un po’ blindate da una sentenza arrivata a tempo di record. 

Incontro dopo incontro, nonostante le tante difficoltà, nuovi stili di vita si stanno pian piano radicando, ma la fatica è proprio tanta ed è data principalmente dal cambio di paradigma che la mediazione familiare esige dalle parti: non più uno contro l’altro, bensì insieme per. Insieme per la figlia!

Ma questo pensarsi alleati, questo essere insieme come genitori, sembra davvero impossibile nei fatti, una meta irraggiungibile. Il dolore della separazione personale del resto è ancora vivo e rende difficile cambiare sguardo sull’altro visto come il colpevole del fallimento della famiglia.. 

Anche i reciproci contesti familiari non aiutano ma anzi, ostacolano molto il lavoro che si fa in mediazione, ed è frequente il rimando ad esperienze passate e a visioni dell’altro come nemico.

Insomma, si fa fatica. Il percorso è ostico. Le regole ci sono ma il gioco è duro da portare avanti….

Ed è in questo momento di enorme fatica, e in qualche modo di stallo, che nasce l’idea di introdurre un elemento di novità. Come un cambio improvviso di percorso, una deviazione inaspettata che incuriosisce e ridona speranza accendendo nuovamente la buona volontà.

Fermi tutti: adesso si gioca!

E così annuncio una seduta speciale, con una esperta di comunicazione e conflitto che farà con loro un incontro speciale per fare loro capire, passando per un’altra via, cosa non sta funzionando e perché. Ciò che io voglio è ridare loro la consapevolezza che sono i soli artefici del cambiamento e che se lo desiderano davvero possono, impegnandosi, imparare a costruire un mondo migliore per loro e la loro figlia.

Ed è il momento di Lilia che ci porta nel mondo del gioco Medianos.

La seduta dura due ore. Ma sembra passare in un momento.

Lilia conduce il gioco magistralmente, tra noi si crea una sintonia perfetta pur avendo parlato quasi niente della situazione delle parti. 

Nella stanza di mediazione adesso si ride, si piange, si scherza, si viene bacchettati se si esce dalle regole del gioco (è un gioco si, ma si fa sul serio!), e si comprende finalmente qualcosa di importante.

Si comprende che non si sta realmente comprendendo l’altro. Ma non perché lo dice un terzo, bensì perché è risultato così dal gioco, si è proprio sbagliato! L’evidenza del gioco è spietata e riconsegna alle parti tutti i loro limiti nella comunicazione senza però far sentire alcuno giudicato o giudicante. 

E’ venuto fuori così e così lo si accetta…

Al termine del gioco si è creato qualcosa tra tutti e 4 i giocatori, ed è un bel momento.

Con la leggerezza del gioco si è arrivati nelle profondità del dolore e con delicatezza ci si è potuti dare una carezza.

Abbiamo deciso che vogliamo giocare ancora almeno un’altra volta, vogliamo riuscire a far bene la consegna di quella carta che abbiamo sbagliato e sappiamo che ci riusciremo nella misura in cui tra una seduta di medianos e l’altra ci impegneremo davvero su quello che abbiamo sbagliato.

Il cammino prosegue, grazie a questa deviazione dal sentiero tracciato, abbiamo potuto osservare panorami nuovi l’una dell’altro e i nostri sguardi e cuori ne sono usciti arricchiti e consolati.

Un grande grazie alla professionalità di Lilia Pavone che senza maschere ha portato nella stanza di mediazione prima se stessa e solo poi, un gioco estremamente utile e ben presentato e guidato!

Esperimento riuscito, adesso dobbiamo continuare a camminare…

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