Corinne Isoni
Come ogni anno, è stata celebrata, il 29 gennaio scorso, l’apertura dell’anno giudiziario 2021, in occasione della quale il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione Pietro Curzio ha presentato la sua “Relazione sull’amministrazione della giustizia” (pubblicata per intero sul sito ufficiale della Corte).
Tra i dati passati e gli obiettivi per il nuovo anno, si è parlato anche della mediazione.
Ma andiamo subito al sodo, concentrandoci su ciò che è stato detto.
In base alla relazione la mediazione mostra una buona stabilità, poiché “… Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, nel periodo luglio 2019- giugno 2020, anche l’istituto della mediazione ha registrato un rilevante calo delle iscrizioni delle procedure rispetto all’anno precedente (- 12%): tale riduzioni si rileva essenzialmente nel corso del primo semestre 2020, in cui si è registrata una flessione del 41%, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di procedure attivate nell’anno precedente …”.
Dati che a colpo d’occhio possono sembrare negativi, tuttavia se si pensa al periodo del lockdown e della pandemia, cosi non è.
Ed infatti “… Ferma restando la complessità della ricostruzione del quadro generale – prosegue il Primo Presidente – può riconoscersi all’istituto conciliativo un effetto comunque deflattivo del contenzioso civile, soprattutto se si tiene conto del fatto che le procedure concluse con il raggiungimento dell’accordo hanno avuto una durata media di 143 giorni nel 2019 e di 160 nel primo semestre 2020, ben più celere, in ogni caso, della durata media del solo giudizio di primo grado dinanzi al tribunale (348 giorni nel periodo luglio 2019- giugno 2020; 359 giorni nell’anno precedente) …”.
In altre parole, la mediazione ha dimostrato di essere utile al sistema giustizia, di produrre grandi effetti postivi e di essere ormai parte integrante e sostanziale del nostro sistema giustizia.
È proprio per questo motivo che la mediazione, viene ancora menzionata quando si fa riferimento alle prospettive future e agli obiettivi dell’anno in corso.
A tal proposito la relazione, nella parte in cui si occupa delle riforme, ci ricorda che sul versante dell’interlocuzione istituzionale, è indispensabile, in ambito civile, un intervento del legislatore per prevenire la sopravvenienza di un numero patologico di ricorsi, mediante forme di risposta differenziate rispetto a quelle tradizionali in grado di giungere alla definizione del conflitto senza percorrere necessariamente i tre gradi di giurisdizione.
In tale prospettiva, in ambito civile deve essere valorizzata, nelle sue molteplici potenzialità, la mediazione, oggetto di un gruppo di lavoro ministeriale da cui provengono importanti indicazioni di contenuto e di metodo. Il DL 21 giugno 2013 n. 69, convertito nella legge 9 agosto 2013 n. 98 ha profondamente mutato l’istituto mediatorio, affiancando alla mediazione su mero invito del giudice (la cd. mediazione demandata) la possibilità (anche in appello) di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione (la cd. mediazione ex officio o delegata) e ha introdotto il concetto di “processo senza sentenza” che può contribuire alla definizione delle controversie in modo complementare rispetto all’esercizio tradizionale dello ius dicere.
Il processo senza sentenza non implica un’abdicazione del giudice dalla propria funzione giudicante, ma semplicemente richiede una valutazione puntuale ed esperta della mediabilità e della conciliabilità del singolo caso. Assicura la diversificazione delle modalità di offerta del servizio e degli strumenti impiegati a beneficio dell’interesse del cittadino e delle imprese in grado di assicurare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di qualità ed efficienza …”.
Ma non è finita qua, perché la Relazione va oltre, sottolineando come la mediazione:
“… Promuove la diffusione della cultura della mediazione come collante sociale, non solo per la riattivazione di una comunicazione interrotta tra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisione dei valori dell’autonomia, della consapevolezza e della responsabilità. Avvicina il cittadino alla giustizia, perché lo rende finalmente partecipe delle modalità di risoluzione del conflitto e fiducioso dell’adeguatezza di tale servizio rispetto alle sue esigenze. Promuove il progresso delle professioni dedicate al conflitto nella odierna complessità delle relazioni interpersonali, con la valorizzazione delle competenze dell’avvocato, parte necessaria delle procedure di mediazione. Sollecita, inoltre, il cambiamento della cultura di tutti gli operatori della giustizia con l’acquisizione di competenze più specifiche in ordine allacondizioni di mediabilità del contenzioso. Assicura, infine, la deflazione del contenzioso giudiziale con conseguente ottemperanza al principio di ragionevole durata del processo, risposta celere alle parti in lite, riduzione dei costi della giustizia, più elevata efficienza del servizio e maggior fiducia da parte dell’utenza …”.
Dopo queste parole, ci piace, Sare uno sguardo alle nostre spalle, guardare il lungo e faticoso cammino che abbiamo fatto in questi ultimi anni con la mediazione. Ma, allo stesso tempo, ci piace l’idea di guardare davanti a noi e vedere ancora tanta strada da fare per rendere possibile un vero e proprio cambiamento del mondo della giustizia.