Worth – il Patto: un film che ha molto da insegnarci sulla mediazione

Corinne Isoni

Quando ho guardato per la prima volta questo straordinario film, ho capito che c’era sicuramente un importantissimo spunto di riflessione per chi si occupa di mediazione, per cui sarebbe stato un peccato non condividere tutto ciò che mi aveva colpito attraverso un articolo di blog.

E allora eccomi qua, a raccontarti di più di questa bellissima pellicola!

Iniziamo ovviamente dalla trama, cosi da far si che tu capisca il contesto.

Il film racconta l’attività svolta dal famoso mediatore americano Ken Feinberg e dal suo staff all’indomani della tragedia dell’11 settembre. Difatti, il Congresso nomina l’avvocato Feinberg (Michael Keaton) alla guida del Fondo per il risarcimento delle vittime degli attacchi terroristici del 2001.

Come sicuramente capirai, la questione è molto delicata sotto diversi aspetti. In primis per l’aspetto politico e sociale ma anche, sicuramente, per l’aspetto economico. Infatti, gli eventuali danni economici determinati dalle richieste di risarcimento da parte dei familiari delle vittime avrebbero potuto mettere in grandissima difficoltà il “colosso” americano.

Stante l’arduità del compito, viene incaricato un mediatore che aveva avuto già esperienze passate di grande rilievo, in materia di grandi risarcimenti dei danni, ma non di certo cosi impegnativi come questo.

Il lavoro dello staff che si occupa della mediazione è molto arduo, non solo per la delicatezza del caso, ma anche perché devono essere rispettati alcuni vincoli:

  1. la mediazione si sarebbe dovuta concludere in massimo due anni.
  2. almeno l’80% delle persone avrebbe dovuto accettare la quota risarcitoria prevista per il proprio familiare.
  3. l’obiettivo era trovare una griglia di valutazione che non prevedesse personalizzazioni.

Inizialmente, il mediatore si focalizza molto sull’aspetto razionale e logico, tralasciando totalmente gli aspetti emotivi. Questo emerge in tutta la sua interezza durante il primo incontro con i familiari delle vittime.

Sarà un incontro del tutto disastroso, in quanto Feinberg ha un approccio molto rigido, burocratico e totalmente non empatico. Utilizza, inoltre, un linguaggio molto tecnico e legale, non riuscendo a farsi comprendere dalle persone.

Il mediatore, inoltre, rimane, per tutta la durata del primo incontro, su un piano logico e razionale che non viene compreso dai familiari delle vittime, i quali si trovano in un piano totalmente diverso, ovvero sul piano emotivo e del tutto irrazionale.

Inoltre, viene presentata la griglia di valutazione del risarcimento del danno, la quale viene aspramente contestata, poiché il risarcimento varia a seconda del lavoro svolto dalla vittima.

L’incontro si conclude in modo ancor più disastroso per il famoso mediatore, quando incontra un vigile del fuoco con la gamba rotta e, senza riflettere, gli chiede cosa sia successo. Non tarda ad arrivare una risposta molto secca: “Torre Sud. Come mio fratello”. E Feinberg risponde “Ah, e’ qui?”. Basta lo sguardo del vigile del fuoco per comprendere che il fratello è morto durante l’attentato.

A seguito di questo primo incontro tutto il team del mediatore, si rende conto che sia necessario cercare un contatto con i feriti e i familiari delle vittime, parlare con loro, farli sentire compresi nel loro dolore, scavando maggiormente nelle loro paure, anche al fine ottenere più informazioni utili al negoziato.

Giunti a questa conclusione, il team cerca di convincere Feinberg a cambiare approccio. Lui, tuttavia, al fine di cercare di rimanere imparziale e di non farsi coinvolgere, appare agli occhi degli altri come una persona fredda e che non ha a cuore le storie di ciascuna persona.

E qua vediamo quanto sia difficoltoso per un mediatore cercare di mettersi nei panni degli altri, pur rimanendo terzo e impariziale.

Vediamo inoltre quanti sforzi si devono compiere per fare quel “salto” e quel cambio di paradigma, disinnamorandosi della propria soluzione.

Sarà solo l’incontro/scontro con un’altro personaggio del film a far cambiare l’approccio di Feinberg. Si tratta di un blogger il quale, facendo emergere le lacune della griglia di risarcimento dei danni, ha ricevuto largo consenso dai familiari delle vittime.

Il mediatore comprende che è necessario ascoltare ciascuna persona, senza creare generalizzazioni, prendersi del tempo per comprendere cosa c’è dietro ciascuna storia delle vittime, personalizzando, poi, i risarcimenti a seconda delle richieste individuali.

Solo a questo punto la griglia inizia ad essere accettata dai famigliari delle vittime, le quali si sentono ascoltate, accolte, comprese. 

Il cambio di paradigma effettuato dal protagonista dimostra come, nel corso di una mediazione, non considerare solo gli aspetti razionali e logici ma anche quelli emozionali e irrazionali può cambiare tantissimo l’esito di una trattativa.

Dunque, la lezione che ci portiamo a casa è che l’approccio di un bravo negoziatore deve essere quello di dare sicuramente ascolto al proprio approccio logico-razionale, senza tuttavia trascurare gli aspetti emotivi, dandosi il giusto tempo per ascoltare e accogliere la particolare storia di ciascuna persona.

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